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Comitato Interregionale Dei Consigli Notarili Delle Tre Venezie - Orientamenti Societari, Commesione Società
M.A. Società Cooperative > Società Cooperativa
M.A.1 - (ART. 2522, COMMA 3, C.C. - 1° pubbl. 9/04)
La disposizione del comma 3 dell’art. 2522 c.c. deve essere interpretata nel senso che una cooperativa che al momento della sua costituzione aveva un numero di soci pari o superiore a nove non si scioglie se successivamente il numero di soci diventi inferiore a detta entità qualora abbia adottato, prima della riduzione, le norme della s.r.l. ed abbia quali soci solo persone fisiche.

M.A.2 - (CASI DI NON OBBLIGATORIETÀ DEL COLLEGIO SINDACALE - 1° pubbl. 9/04 - modif. 9/05)
Le cooperative che non rientrano nelle ipotesi previste dai commi 2 e 3 dell’art. 2477 c.c., e che non abbiano emesso strumenti finanziari non partecipativi, non hanno l’obbligo di nominare il collegio sindacale, indipendentemente dalla cir-costanza che abbiano adottato le norme della s.r.l. o quelle della s.p.a. Ne con-segue che:
- l’eventuale nomina facoltativa del Collegio Sindacale deve essere espressamen-te prevista dallo statuto (giusta quanto previsto dall’art. 2477 comma 1 c.c. la cui applicazione è strettamente connessa a quella dei commi 2 e 3 del medesimo art. 2477 richiamato dall’art. 2543 c.c.);
- in caso di nomina, sia obbligatoria che facoltativa, del Collegio Sindacale e sempreché la cooperativa non sia tenuta al bilancio consolidato, allo stesso può essere affidato l’esercizio del controllo contabile.

M.A.3 - (MANCATA APPLICABILITÀ DELL’ART. 2437 TER, C.C. - 1° pubbl. 9/04)
L’art. 2437 ter c.c. non si applica alle società cooperative.

M.A.4 - (VOTO SEGRETO - 1° pubbl. 9/05)
Per le votazioni relative alla nomina dei componenti gli organi sociali, non con-cretizzandosi nell’espressione di un consenso o di un dissenso bensì nell’espressione di una o più preferenze, è possibile procedere con votazioni se-grete, purché la clausola statutaria che introduce tale previsione attribuisca ai soci che lo richiedano il diritto di far risultare dal verbale in maniera palese l’esito della loro votazione o eventualmente la loro astensione.

M.A.5 - (REQUISITI PER L’APPLICABILITÀ DELLA DISCIPLINA DELLA S.R.L. - 1° pubbl. 9/05)
I requisiti previsti dall’art. 2519 c.c. per l’applicabilità alla società cooperativa delle norme dettate in tema di s.r.l. sono alternativi e non debbono pertanto ri-correre congiuntamente. In pratica per applicare la disciplina della s.r.l. è suffi-ciente che la cooperativa abbia meno di venti soci (a prescindere dall’importo dell’attivo dello stato patrimoniale) ovvero che abbia un attivo dello stato pa-trimoniale inferiore ad unmilione di euro (a prescindere dal numero dei soci).
M.A.6 - (COOPERATIVE ALLE QUALI SI APPLICA LA DISCIPLINA DELLA S.R.L. E PAR-TICOLARI TIPI DI STRUMENTI FINANZIARI - 1° pubbl. 9/05 - soppresso 9/09)

M.A.7 - (NOMINA OBBLIGATORIA DEL REVISORE - 1° pubbl. 9/05)
Nel caso in cui il Collegio Sindacale non sia stato nominato, nelle sole cooperati-ve cui si applica la disciplina in tema di s.p.a. deve essere nominato un Revisore o una società di revisione cui affidare l’esercizio del controllo contabile, in ot-temperanza al disposto dell’art. 2409 bis c.c., applicabile al caso concreto in virtù del richiamo effettuato dall’art. 2519 c.c.

M.A.8 - (ISCRIZIONE ALL’ALBO DELLE COOPERATIVE ED OBBLIGHI DEL NOTAIO - 1° pubbl. 9/05)
In mancanza di espressa prescrizione al riguardo, l’obbligo di iscrizione all’Albo delle Cooperative da parte delle cooperative a mutualità prevalente, che condi-ziona (insieme agli altri requisiti previsti dalla legge) la loro possibilità di godere delle agevolazioni tributarie per esse previste, non grava sul notaio rogante l’atto costitutivo, bensì sull’organo amministrativo della società stessa dopo l’iscrizione (curata dal notaio) presso il Registro Imprese.

M.A.9 - (REGOLE PER LA COMPOSIZIONE DELLA DENOMINAZIONE - 1° pubbl. 9/05)
Pur non essendo espressamente previsto dall’art. 2521 c.c., il necessario coordi-namento con la più generale previsione di cui all’art. 2515 c.c. fa ritenere che nella denominazione delle società cooperative deve essere ricompresa solo tale specifica indicazione (società cooperativa), mentre non è necessario indicarvi né il “livello” di mutualità che la caratterizza (prevalente oppure no), né la disciplina di riferimento (s.p.a oppure s.r.l.), né il regime di responsabilità dei soci, che or-mai è, in ogni caso, esclusivamente limitata.

M.A.10 - (ATTO COSTITUTIVO E INDICAZIONE DEL LUOGO DI COSTITUZIONE DEL-LE SOCIETÀ SOCIE - 1° pubbl. 9/05)
Si ritiene che l’obbligo di indicare nell’atto costitutivo delle società lucrative “lo Stato di costituzione” e quello di indicare nell’atto costitutivo delle società coo-perative il “luogo di costituzione” abbiano contenuto identico prescindendo dal-la diversa formulazione usata dal legislatore. Pertanto anche nelle società coo-perative il “luogo di costituzione” deve essere indicato con riferimento al solo “Stato” senz’altro aggiungere.

M.A.11 - (AUMENTI DI CAPITALE - 1° pubbl. 9/05)
Alle società cooperative si applica l’intero complesso normativo previsto in ma-teria di aumenti di capitale (anche con riferimento ai conferimenti in natura) per le società lucrative, e quindi, rispettivamente secondo i casi, dalle norme sulla formazione del capitale in ambito di società a responsabilità limitata e di società per azioni.
Ciò trova conferma anche nell’art. 2524 c.c., che richiama la disciplina prevista dagli artt. 2438 e ss c.c., relativi, appunto, ai conferimenti in sede di aumento di capitale.

M.A.12 - (PORTA APERTA E CLAUSOLE DI PRELAZIONE - 1° pubbl. 9/05)
Il principio della “porta aperta” che caratterizza ancora - ed in modo rafforzato rispetto al passato la disciplina delle società cooperative - non esclude la legitti-mità di una clausola di prelazione a favore dei soci già tali in occasione del tra-sferimento della partecipazione da parte di uno di essi. Ciò, naturalmente, non potrà consentire al socio di superare i limiti di partecipazione consentiti dalla legge.

M.A.13 - (CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA MEDIANTE AFFISSIONE PRESSO LA SEDE SOCIALE - 1° pubbl. 9/05)
Poiché l’avviso di convocazione dell’assemblea ha lo scopo di informare adegua-tamente e tempestivamente il socio della volontà di riunire l’assemblea per la decisione collegiale sugli argomenti sufficientemente indicati nell’ordine del giorno, non può considerarsi valida la clausola statutaria che indichi, in via esclusiva, la convocazione mediante affissione presso la sede sociale.

M.A.14 - (DEROGHE AL PRINCIPIO DEL VOTO CAPITARIO - 1° pubbl. 9/05)
Alla luce del principio di cui alla lett. e) comma 2 dell’art. 5 della Legge Delega n. 366/01, la previsione di cui all’art. 2543 c.c. deve intendersi nel senso che la de-roga al principio del voto capitario possa essere riferita al parametro di parteci-pazione al capitale solo per i soci finanziatori, mentre dovrà essere riferita solo al parametro dello scambio mutualistico per i soci cooperatori.
In entrambi i casi lo statuto deve oggettivamente determinare i criteri di attribu-zione del voto in base ai quali si deroga al principio del voto capitario.

M.A.15 - (RAPPRESENTANZA IN ASSEMBLEA - 1° pubbl. 9/05)
Alla luce della previsione di cui all’art. 5 della legge delega (n. 366/01) che preve-de un ampliamento della partecipazione assembleare dei soci e della possibilità di delega, nelle cooperative disciplinate dalla normativa sulla s.r.l. in mancanza di espressa previsione si può considerare ammissibile una clausola che consente la rappresentanza per delega. Tuttavia il limite di compatibilità con la causa mu-tualistica (e le collegate caratteristiche disciplinari) rende applicabile il limite per cui il rappresentante non può rappresentare più di dieci soci e può, a sua volta, essere solo un socio, salve le eccezioni previste dall’ultimo comma dell’art. 2539 c.c. Tali limiti, infatti, sembrano propri del fenomeno societario cooperativo, a prescindere dalla disciplina “generale” a cui le stesse possano, in considerazione della struttura economica o della base sociale, fare riferimento.

M.A.16 - (REQUISITI SOGGETTIVI DEI SOCI NELLE COOPERATIVE DI CONSUMO - 1° pubbl. 9/05)
Nelle cooperative di consumo, i requisiti soggettivi possono essere generici e, in generale, essi possono essere anche solo negativi, purché non discriminatori.

M.A.17 - (VALORE NOMINALE MINIMO DELLE PARTECIPAZIONI IN COOPERATIVE ANTERIORI ALLA legge 59/92 - 1° pubbl. 9/05 – motivato 9/11)
Alle cooperative costituite prima dell’entrata in vigore della legge 31 gennaio 1992 n. 59 si deve ritenere ancor oggi attribuita la facoltà di mantenere un valo-re nominale minimo delle partecipazioni inferiore ad euro 25.

Motivazione
La legge di riforma che, con il nuovo testo dell'art. 2525 c.c., ha man-tenuto in Euro 25 il valore nominale minimo di ciascuna azione o quota di cooperativa, non contiene alcuna disposizione transitoria per le coo-perative che abbiano emesso partecipazioni di valore inferiore a tale li-mite anteriormente alla sua entrata in vigore.
Peraltro si deve ritenere che una previsione in tal senso sarebbe stata superflua, in quanto l'attuale disciplina non si discosta da quella previ-gente.
In particolare il nuovo art. 2525 c.c., che disciplina la materia che prima della riforma era regolata dall'art. 2521 c.c. e dall'art. 24 del D.Lgs.C.P.S. 15 dicembre 1947 n. 1576, mantiene inalterato il valore minimo della singola azione o quota e ne innalza esclusivamente il limi-te massimo da 50.000 a 100.000 Euro. Infatti già l'art. 3, comma 3, della Legge 31 gennaio 1992 n. 59 aveva innalzato a Lire 50.000 il valore mi-nimo di ciascuna quota o azione di società cooperativa ed il suddetto importo era stato successivamente adeguato per difetto in Euro 25 dall'art. 4, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 24 giugno 1998 n. 213.
L'art. 21, comma 4, della citata L. 59/92 (non abrogato dalla novella) stabilisce che le cooperative costituite prima dell'entrata in vigore della legge medesima non sono tenute ad adeguarsi alle prescrizioni relative al valore nominale minimo delle quote o delle azioni.
Ci si chiede, dunque, se il disposto della suddetta norma transitoria possa avere efficacia anche successivamente all'entrata in vigore della ri-forma.
La risposta affermativa merita accoglimento in quanto il valore mi-nimo di 25 Euro per ogni azione o quota è stato semplicemente trasfuso nella nuova disposizione codicistica.
Consegue, per le cooperative di più vecchia costituzione, la possibili-tà di mantenere un valore delle azioni o delle quote inferiore ad euro 25, purché detto ammontare risulti fissato anteriormente alla citata legge 59/92.
Ciò posto, si deve dar conto di due diverse opinioni in argomento: secondo un'interpretazione più restrittiva il mantenimento del valore della partecipazione al di sotto dei 25 Euro sarebbe consentito per le so-le partecipazioni emesse prima della riforma, mentre le partecipazioni successive dovrebbero essere emesse con valore adeguato al minimo di legge. Per una diversa tesi, invece, la suddetta possibilità sarebbe esten-sibile anche alle partecipazioni emesse da cooperative preesistenti alla legge n. 59/92 successivamente alla sua entrata in vigore.
A sostegno di quest'ultima opinione si individuano varie argomenta-zioni. Sotto il profilo testuale, al mantenimento del medesimo valore nominale minimo delle partecipazioni risultante dalla riforma dovrebbe conseguire la possibilità di mantenere invariato lo statuto sul punto (in tal senso anche la Circolare del Ministero delle Attività Produttive del 29 ottobre 2003 n. 1564551/03), e dunque la regola destinata a discipli-nare le partecipazioni sociale emesse in qualunque epoca.
Dal punto di vista sistematico, il protrarsi dell'efficacia dell'articolo 21, comma 4, della legge n. 59/92 anche dopo la novella, postula che le vecchie società cooperative possano continuare ad emettere partecipa-zioni di valore nominale inferiore al minimo previsto nello stesso modo in cui lo potevano fare dopo l'entrata in vigore della legge n. 59/1992.
Infine, sembra contrario allo spirito di semplificazione perseguito dalla riforma l'imporre alle vecchie cooperative una modificazione sta-tutaria che contempli due tipi di partecipazioni: l'uno, per coloro che erano divenuti soci prima della riforma, di valore nominale inferiore al minimo previsto, l'altro, per coloro che diverranno soci successivamente alla riforma, di valore nominale non inferiore a 25 Euro.
Si può quindi concludere che alle cooperative costituite prima dell'entrata in vigore della legge 31 gennaio 1992 n. 59, si deve ritenere ancor oggi attribuita la facoltà di mantenere un valore nominale mini-mo delle partecipazioni inferiore ad Euro 25 attraverso una delle se-guenti modalità:
- con una modificazione statutaria che contempli due tipi di parteci-pazioni: l'uno, per coloro che erano divenuti soci prima della riforma, di valore nominale inferiore al minimo previsto, l'altro, per coloro che di-verranno soci successivamente alla riforma, di valore nominale non in-feriore a 25 euro;
- senza procedere ad alcuna modificazione statutaria e pertanto con-tinuando a prevedere l'emissione di partecipazioni con valore nominale inferiore al minimo previsto dall'art. 2525 c.c., allo stesso modo in cui detta emissione era ammessa dopo l'entrata in vigore della legge 59/1992, che aveva innalzato il suddetto minimo alla misura oggi vi-gente.

M.A.18. - (INTERESSE ALLA INTRODUZIONE DELLA CATEGORIA DEI SOCI IN PROVA - 1° pubbl. 9/05 – motivato 9/11)

La verifica dell’interesse della cooperativa all’introduzione della speciale catego-ria di soci prevista dall’art. 2527, comma 3, c.c., rientra nelle valutazioni di meri-to della deliberazione assembleare e, conseguentemente, è sottratta al controllo di legalità attribuito al notaio per l’iscrizione nel registro delle imprese.
Anche se l’individuazione del concreto interesse alla introduzione della speciale categoria dei “soci in prova” è sicuramente più agevole in quelle cooperative ove è prevista un’attività di collaborazione o di prestazione di servizi da parte dei so-ci, astrattamente non si può escludere l’interesse all’introduzione di tale specia-le categoria in ogni settore della cooperazione.

Motivazione
L'art. 2527, comma 3, c.c. prevede la possibilità di introdurre una speciale categoria di soci di cooperativa in ragione dell'interesse alla lo-ro formazione ovvero al loro inserimento nel'impresa.
Ci si chiede, anzitutto, se la valutazione di tale interesse debba rien-trare nella funzione di “verifica delle condizioni richieste dalla legge” attribui-ta al notaio dall’art. 2436 c.c., ovvero se essa sia sottratta al suddetto controllo.
Come è appena il caso di ricordare, la strada prescelta dal nostro le-gislatore in materia di controllo delle deliberazioni assembleari è stata quella di attribuire all'autorità giudiziaria, prima, ed al notaio, poi, esclusivamente il compito di verificare la conformità degli atti societari alle norme di legge (c.d. controllo di legalità), escludendo qualsiasi sin-dacato sugli aspetti concreti delle operazioni, quali la convenienza o l’opportunità delle medesime (c.d. controllo di merito), essendo questi ultimi aspetti rimessi alla sola volontà dei soci.
La verifica dell'interesse della cooperativa all'introduzione della spe-ciale categoria di soci prevista dall'art. 2527, comma 3, c.c. appare, con tutta evidenza, rientrare negli apprezzamenti di convenienza ed oppor-tunità della deliberazione assembleare e, conseguentemente, deve rite-nersi sottratta al sindacato di legalità attribuito al notaio ai sensi dell'art. 2436 c.c. richiamato, per le cooperative, dall'art. 2545 novies c.c.
Un secondo problema riguarda l'eventuale possibilità di stabilire aprioristicamente che ad alcune tipologie di cooperativa sia vietata l'in-troduzione della predetta particolare categoria di soci.
Sotto questo profilo bisogna anzitutto osservare che nessuna espres-sa limitazione è dettata sul punto dal legislatore.
Parte della dottrina ha tuttavia ritenuto inammissibile l'introduzione di tale categoria di soci nel settore delle cooperative di consumo o di utenza, sul presupposto che la legittimità di un periodo di “sperimenta-zione” del nuovo socio sia subordinata alla prestazione da parte dello stesso di un'attività lavorativa o di servizi.
Tale opinione, che ha il pregio di evidenziare la concreta difficoltà di individuare in alcuni settori della cooperazione un interesse al graduale inserimento di nuovi soci nell'impresa della cooperativa, appare tuttavia eccessivamente limitante.
Infatti, mentre “l'interesse alla formazione” può riguardare solo coo-perative che si avvalgono della cooperazione del socio, “l'interesse all'inserimento nell'impresa” è astrattamente riferibile ad ogni tipologia di cooperativa.
Sotto questo profilo la norma sembra tutelare non solo l'interesse del socio al proprio inserimento nell'impresa, ma anche l'interesse della cooperativa ad un graduale inserimento dei nuovi soci per un corretto funzionamento del ciclo produttivo della propria impresa.
L'interesse a non alterare il proprio ciclo produttivo imprenditoriale sussiste tanto nelle cooperative di lavoro, quanto nelle cooperative di consumo.
Non solo, il ciclo produttivo di ogni cooperativa potrebbe subire gra-vi alterazioni tanto in presenza di irregolarità da parte di chi partecipa alla produzione (come il socio che apporta beni o servizi, o come il so-cio lavoratore), quanto in presenza di comportamenti anomali da parte di chi partecipa al consumo dei beni prodotti.
Consegue che l'interesse ad un graduale e corretto inserimento nell'impresa di nuovi soci può astrattamente riguardare qualsiasi settore della cooperazione.
In conclusione, anche se l'individuazione del concreto interesse alla introduzione della speciale categoria dei “soci in prova” è sicuramente più agevole in quelle cooperative ove è prevista un'attività di collabora-zione o di prestazione di servizi da parte dei soci, astrattamente non si può escludere l'interesse all'introduzione di tale speciale categoria in ogni settore della cooperazione.

M.A.19 - (VERSAMENTO DEI DECIMI IN SEDE DI COSTITUZIONE - 1° pubbl. 9/05 – motivato 9/11)
In sede di costituzione di società cooperative è esclusa la necessità del versa-mento presso una banca da parte dei soci di almeno il 25% dei conferimenti in denaro.

Motivazione

Con l'entrata in vigore della riforma parte della dottrina ha ritenuto applicabile alle cooperative la norma che impone il preventivo versa-mento presso una banca di almeno il 25% dei conferimenti in denaro, sulla base di alcune argomentazioni testuali.
In particolare, l’obbligo del preventivo versamento deriverebbe dal disposto dell'art. 2519 c.c., per il suo generico richiamo alle disposizioni sulle società di capitali, dal comma 1 dell'art. 2523 c.c., che in forza di una serie di richiami a cascata porterebbe all'applicazione anche dell'art. 2342 c.c., e dal comma 5 dell'art. 223 duodecies disp. att. c.c., nella parte in cui rinvia all'art. 2331, comma 4, c.c.
L'esposta opinione non sembra però condivisibile.
Con riguardo all'art. 2519 c.c. si può agevolmente osservare come il richiamo alle disposizioni sulle società per azioni o a responsabilità li-mitata avvenga in maniera residuale e nei limiti di compatibilità con la specifica disciplina delle cooperative.
La norma sul punto non sembra innovare rispetto alla disposizione precedente, che anzi in maniera più specifica, richiamava, sempre quale disciplina residuale, la normativa sui conferimenti delle società per azioni.
Anche l'argomento tratto dall'art. 2523 c.c. non sembra convincente. Infatti questo articolo, che sul punto richiama l'art. 2330 c.c., che a sua volta rinvia all'art. 2329 c.c, e tale ultimo all’art. 2342 c.c., risulta del tutto conforme al precedente art. 2519 c.c., che disciplinava il deposito dell'atto costitutivo e l'iscrizione nel registro delle imprese delle società cooperative.
Maggiore attenzione merita, invece, il comma 5 dell'art. 223 duodecies disp. att. c.c. il quale, in ipotesi di iscrizione di società cooperativa nel registro delle imprese successiva al 1.12004, stabilisce che, in presenza di difformità con la disciplina della riforma, si applica l'art. 2331, com-ma 4, c.c.
In proposito è stato sostenuto che l'applicazione alle cooperative di tale ultima norma, che prevede tra l'altro la restituzione del 25% deposi-tato presso un istituto di credito, presuppone necessariamente l'esten-sione alle cooperative dell'obbligo del versamento del 25% dei conferi-menti in denaro.
La norma, che effettivamente innova sul punto, non sembra peraltro sufficiente ad imporre il suddetto obbligo di deposito anche per le coo-perative.
Si deve infatti precisare che l'art. 223 duodecies disp. att. c.c. detta di-sposizioni relative ai termini e alle modalità di adeguamento delle coo-perative (già esistenti o di nuova costituzione) alla disciplina della ri-forma ed alle conseguenze dell'eventuale mancato adeguamento alla di-sciplina stessa.
In questa prospettiva il comma 5 prescrive che dopo il 1° gennaio 2004 non possono essere iscritte nel registro delle imprese cooperative non conformi alla normativa dettata dalla riforma: in tal caso, continua la norma, si applica “l'art. 2331, quarto comma, del codice civile”.
Appare evidente che il richiamo al comma in parola è stato effettua-to per stabilire gli effetti della mancata iscrizione e che il prodursi o me-no di tali effetti dipende in concreto dall'eventuale sussistenza dei loro presupposti anche nelle società cooperative. Un esame più approfondito del rinvio suddetto deve partire dalla disamina dell'art. 2331, comma 4, c.c., il quale stabilisce, in via particolare, la possibilità di chiedere la re-stituzione del versamento del 25% dei conferimenti in denaro, ma con-testualmente detta una disposizione più generale, che si pone rispetto al-la prima in rapporto di genere a specie, con cui prevede la definitiva inefficacia dell'atto costitutivo se non iscritto nel termine di 90 giorni dalla sua stipulazione.
Consegue che, mentre il dettato più generale deve ritenersi senz'altro applicabile alle cooperative iscritte dopo il 1° gennaio 2004, l'estensione alle cooperative della norma più specifica, relativa alla possibilità di chiedere la restituzione del versamento del 25% dei conferimenti in de-naro, dev'essere verificata in base all'obbligatorietà o meno di tale ver-samento.
Dal punto di vista metodologico, cioè, i termini del problema debbo-no essere invertiti: non può essere il richiamo all'art. 2331, comma 4, c.c. a rendere obbligatorio anche per le cooperative il versamento presso un istituto di credito del 25% dei conferimenti in denaro, ma deve essere l'eventuale obbligatorietà del suddetto versamento a rendere il richiamo dell'art. 2331, comma 4, c.c. operante anche nella parte in cui prevede la restituzione del versamento del 25% dei conferimenti in denaro.
Va quindi verificata autonomamente la necessità del versamento del 25% dei conferimenti in denaro nelle cooperative alla luce del nuovo si-stema introdotto con la riforma.
Le argomentazioni che avevano indotto la prevalente dottrina e la giurisprudenza pressoché unanime ad escludere la necessità del versa-mento dei decimi nelle società cooperative prima della riforma, possono essere ripetute anche oggi per escludere tale necessità nelle cooperative di nuova costituzione.
In particolare, l'art. 2531 c.c. (che sostanzialmente riproduce il testo del precedente articolo 2524 c.c.), prevedendo l'esclusione del socio per il mancato pagamento “in tutto o in parte” delle quote o azioni sottoscrit-te, presuppone necessariamente la possibilità che le stesse siano sotto-scritte senza alcun parziale versamento delle medesime.
Inoltre, l'ultimo comma dell'art. 2525 c.c. (che sostanzialmente ri-produce il testo del precedente art. 2521, ultimo comma, c.c.), espres-samente escludendo nelle azioni di cooperative l'indicazione dell'am-montare del capitale e dei versamenti effettuati, sembra confermare il minor rilievo attribuito in generale al capitale sociale nelle cooperative ed in particolare alla norma che ne prescrive l'obbligo del versamento del 25% presso un istituto di credito.
Infine, sembrano ancora oggi integralmente riproducibili le motiva-zioni relative all'incongruenza di un eventuale obbligo di versamento parziale in società ove non è previsto un capitale minimo e all'inutilità pratica di imporre un versamento minimo in una società dove il capitale sociale potrebbe essere integralmente assorbito dalle spese di costituzio-ne.

M.A.20 - (AUMENTI DI CAPITALE CON ESCLUSIONE DEL DIRITTO DI OPZIONE - MAGGIORANZE - 1° pubbl. 9/06)
Si ritiene che le delibere delle assemblee di società cooperative di esclusione del diritto di opzione siano validamente adottate con le maggioranze statutariamen-te previste per gli aumenti di capitale, risultando incompatibile con i principi del “voto per teste” e “della porta aperta” l’applicazione del quorum deliberativo rafforzato di cui al comma 5 dell’art. 2441 c.c.

M.A.21 - (DEROGABILITÀ DELL’ART. 2539, COMMA 2, C.C. - 1° pubbl. 9/08)
La norma di cui all’art. 2539, comma 2, c.c., secondo cui “il socio imprenditore individuale può farsi rappresentare nell’assemblea anche dal coniuge, dai paren-ti entro il terzo grado e dagli affini entro il secondo che collaborano all’impresa”, lungi dal costituire una regola di carattere generale, si riferisce solo alle coopera-tive in cui, in relazione all’oggetto sociale, la qualità di socio è assunta da deter-minate persone fisiche nell’esercizio della propria attività di impresa.
Anche in questo caso è peraltro possibile stabilire statutariamente che le dele-ghe assembleari, ancorché rilasciate da un socio imprenditore individuale, pos-sano essere conferite solamente a soci.

M.A.22 - (AMMISSIBILITÀ DELLA CLAUSOLA STATUTARIA CHE FISSI UN LIMITE AL NUMERO DEI MANDATI CONSECUTIVI AGLI AMMINISTRATORI - 1° pubbl. 9/08)
È ammissibile in tutte le cooperative, sia che ad esse si applichino le norme delle spa, sia che ad esse si applichino quelle delle srl, fissare esplicitamente negli sta-tuti un tetto al numero di mandati consecutivi degli amministratori (originaria-mente previsto dall’art. 2542, comma 3, c.c. per le cooperative cui si applica la disciplina delle spa, ora eliminato dall’art. 29 D.Lgs. 310/04).

M.A.23 - (LEGITTIMITÀ DELL’ACQUISTO DI PROPRIE QUOTE DA PARTE DI COOPE-RATIVA CUI SI APPLICHINO LE NORME DELLA S.R.L. - 1° pubbl. 9/10)
L’art. 2529 c.c. in tema di acquisto delle proprie quote (o azioni) da parte della società cooperativa si applica anche alle cooperative che adottino le norme della società a responsabilità limitata, nonostante il divieto all’acquisto di quote pro-prie dettato in tema di srl dall’art. 2474 c.c., stante la specialità della disciplina cooperativa e la finalità particolare dell’operazione a sostegno della mutualità (favorire i soci in difficoltà finanziarie e quelli che vogliono recedere senza che ri-corrano i presupposti di legge o di statuto).

M.A.24 - (ACQUISTO DELLA PERSONALITÀ GIURIDICA DA PARTE DELLE SOCIETÀ COOPERATIVE - 1° pubbl. 9/10)
Si ritiene che nonostante l’art. 2511 c.c., come novellato dall’art. 10, comma 1, della legge n. 99/09, definisca la società cooperativa come quella iscritta nell’albo di cui all’art. 2512 c.c., la stessa acquisti la personalità giuridica con la sola iscrizione nel registro delle imprese ai sensi dell’art. 2331, comma 1, c.c., ri-chiamato dall’art. 2523, comma 2, c.c.

M.A.25 - (LEGITTIMITÀ DEL VOTO PER CORRISPONDENZA O CON ALTRI MEZZI DI TELECOMUNICAZIONE NELL’ELEZIONI DELLE CARICHE SOCIALI - 1° pubbl. 9/10)
Nelle delibere relative alle nomine dei componenti gli organi sociali si ritiene che sia sempre consentito ai soci, qualora l’atto costitutivo lo preveda, di esprimere il proprio voto per corrispondenza (ovvero con altri mezzi di telecomunicazione), anche se in tal caso non potrà trovare applicazione la previsione contenuta nel comma 6, secondo periodo, dell’art. 2538 c.c., in base alla quale l’avviso di con-vocazione deve contenere per esteso la delibera proposta.
Tale ultima disposizione non è infatti volta a limitare il diritto di voto ma a supe-rare un impedimento tecnico in ordine alla formazione di una volontà delibera-tiva univoca nell’ambito di un procedimento che consente ai soci di non parteci-pare alla discussione assembleare.
Non troverà pertanto applicazione in tutti quei casi in cui il socio è chiamato ad esprimere una preferenza (come nelle elezioni delle cariche sociali) piuttosto che un consenso od un dissenso su una determinata decisione.

M.A.26 - (PASSAGGIO DALLA MUTUALITÀ PREVALENTE ALLA MUTUALITÀ NON PREVALENTE E VICEVERSA - 1° pubbl. 9/11 - motivato 9/11)
Nelle società cooperative il passaggio dal regime della mutualità prevalente a quello privo di tale qualifica non integra affatto un'ipotesi di trasformazione so-cietaria.
L'inserimento o l'eliminazione delle clausole previste dall'art. 2514 c.c. per il mo-dello a “mutualità prevalente” deve avvenire con deliberazione da tenersi nelle forme richieste per l'assemblea straordinaria e non con le sole maggioranze pre-viste per la stessa.

Motivazione
La legge distingue tra cooperative a mutualità prevalente e coopera-tive prive di tale qualifica. Tuttavia il legislatore riconosce a tutte le cooperative (a mutualità prevalente e non) una funzione sociale comun-que mutualistica che le differenzia dalle società lucrative. La natura mu-tualistica (non lucrativa) caratterizza ed accomuna tutte le società di questo tipo e perciò tutte le cooperative, anche quelle a mutualità non prevalente, sono assoggettate al controllo dell'autorità di vigilanza (artt. 2545 quaterdecies, 2545 sexiesdecies, 2545 septiesdecies e 2545 octiesdecies c.c.) e alle disposizioni “antilucrative” di cui agli artt. 2545 quater e 2545 quinquies, comma 2, c.c.
Le cooperative a mutualità prevalente debbono rispettare tanto le condizioni quantitative di prevalenza di cui all'art. 2513 c.c. (sono i c.d. “requisiti operativi” di prevalenza), quanto i divieti ed i limiti statutari, che debbono essere recepiti ai sensi dell'art. 2514 c.c. (sono i c.d. “requi-siti statutari” di prevalenza).
Il requisito operativo di prevalenza è soddisfatto quando i ricavi delle vendite ai soci, il costo del lavoro e il costo dei beni dei soci (nelle coo-perative agricole la quantità o il valore dei prodotti conferiti) rappresen-ta più del 50% del totale (art. 2513 c.c.) rispettivamente nelle cooperati-ve di utenza (principalmente quelle edilizie e di consumo), in quelle di lavoro ed in quelle in cui vengono conferiti i beni dei soci. Qualora all'interno della stessa cooperativa si realizzino contemporaneamente tipi diversi di scambio mutualistico si fa ricorso al criterio della media ponderata (art. 2513, comma 2, c.c.). Peraltro sono previste varie dero-ghe al regime generale della prevalenza. Così le cooperative sociali di-sciplinate dalla legge 381/1991 sono considerate comunque a mutualità prevalente a prescindere dal rispetto dei limiti dell'art. 2513 c.c. (art. 111 septies disp. art. c.c.). Inoltre il Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell'Economia e Finanze, può fissare (ed ha fissato con Decreto del 30 dicembre 2005) speciali deroghe ai predetti criteri. In particolare, a prescindere dall'effettivo possesso dei requisiti codicistici, si considerano a mutualità prevalente le cooperative di con-sumo operanti esclusivamente nei comuni montani con popolazione non superiore ai diecimila abitanti, le cooperative che operano prevalen-temente nei settori di particolare rilevanza sociale, quali le attività di commercio equo e solidale.
I requisiti statutari di prevalenza sono costituiti dal limite di remune-razione del capitale effettivamente versato nella misura dell'interessa massimo dei buoni postali fruttiferi aumentato di 2,5 punti, dal divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti ai soci cooperatori in misu-ra superiore a 2 punti rispetto al limite massimo per i dividendi, dal di-vieto di distribuzione di riserve tra i soci cooperatori e dall'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
L'inserimento o l'eliminazione delle suddette “clausole mutualisti-che” deve avvenire con deliberazione dell'assembla straordinaria: nono-stante l'ambiguità del dettato normativo (art. 2514, ultimo comma, c.c.) la delibera deve essere verbalizzata con atto di notaio come richiesto per l'assemblea straordinaria (o per l'assemblea che modifica l'atto costituti-vo per le cooperative a modello s.r.l.) e non con le sole maggioranze previste per la stessa. Infatti, come per tutte le modificazioni statutarie, sarà necessaria la redazione di un verbale in forma pubblica per permet-tere il controllo notarile prima dell'iscrizione.
In relazione alla struttura si deve osservare che il venir meno della prevalenza può derivare o da una scelta dei soci, che decidano di elimi-nare le “clausole mutualistiche” di cui all'art. 2514 c.c., o da una situa-zione di fatto, ossia dalla circostanza che, per due esercizi consecutivi, non siano osservati i limiti dell'art. 2513 c.c. Se la semplice modifica di situazioni di fatto comporta la perdita o la riassunzione del regime della mutualità prevalente, indipendentemente dalla volontà dei soci, ciò si-gnifica che il passaggio dal regime della mutualità prevalente a quello privo di tale qualifica (e viceversa) non può determinare una modifica tipologica o causale della cooperativa.
Pertanto il cambiamento del regime della mutualità non integra af-fatto un'ipotesi di trasformazione societaria, con conseguente inapplica-bilità della disciplina generale sulla trasformazione delle società di capi-tali: le maggioranze richieste non sono quelle previste per la trasforma-zione ma quelle richieste per le semplici modifiche statutarie, non spetta il diritto di recesso ai soci che non hanno concorso nella decisione, ecc.
L'unico limite tassativo richiesto per il cambiamento di mutualità è che, quando si perde il requisito della prevalenza, i soci non possano mai appropriarsi dei benefici di natura tributaria dei quali la cooperativa ha goduto in ragione della prevalenza mutualistica. Per questo il codice richiede che il patrimonio netto della cooperativa che abbia perso i re-quisiti di mutualità prevalente sia imputato alle riserve indivisibili (cioè non distribuibili ai sensi dell'art. 2545 ter c.c.), previa redazione di un bi-lancio soggetto alla verifica di una società di revisione (art. 2545 octies, comma 2, c.c.).

M.A.27 - (PASSAGGIO DELLA COOPERATIVA DALLO SCHEMA S.P.A. A QUELLO S.R.L. E VICEVERSA - 1° pubbl. 9/11 - motivato 9/11)
Il passaggio della cooperativa dallo schema organizzativo della s.p.a. allo schema organizzativo della s.r.l., e viceversa, non costituisce ipotesi di trasformazione in senso tecnico.
Consegue che, in tali ipotesi, non sarà applicabile la disciplina generale sulla tra-sformazione delle società di capitali, ma solo quella prevista per le modifiche statutarie, con esclusione del diritto di recesso al socio non consenziente.

Motivazioni
Dopo la riforma del 2003 il codice civile prescrive che le società coo-perative, ferme restando le norme specifiche previste per le stesse, ven-gano disciplinate in base allo schema organizzativo della s.p.a. o della s.r.l.
La scelta del modello s.p.a. è obbligatoria quando il numero dei soci cooperatori non è inferiore a 20 (venti), ovvero l'attivo dello stato pa-trimoniale della società è superiore a un milione di euro, oppure negli altri casi previsti da leggi speciali (ad esempio nel caso delle cooperative assicurative e bancarie - artt. 29 e 33 del D.Lgs. n. 385/1993). Viceversa è obbligatorio optare per il modello s.r.l. se i soci sono persone fisiche (ovvero, nelle cooperative agricole, anche società semplici) e il loro nu-mero è inferiore a nove (art. 2522, commi 2 e 3 c.c.). In tutti gli altri casi i soci possono optare tra lo schema organizzativo della s.p.a. o quello della s.r.l. per disciplinare i loro rapporti nella cooperativa. Nonostante l'ambiguità del dettato normativo (art. 2519 c.c.) si deve ritenere che, quando alla cooperativa si applicano (per necessità o per scelta) le nor-me sulla s.r.l., alla stessa non si possano applicare anche norme proprie delle s.p.a. Pertanto la cooperativa che ha scelto il modello s.r.l. non può adottare il sistema monistico, né quello dualistico, né, più in gene-rale, può applicare istituti propri esclusivamente delle s.p.a..
Per quanto attiene alla configurabilità o meno di un'ipotesi di tra-sformazione nel passaggio dall'uno all'altro schema organizzativo, si deve osservare che l'art. 2519 c.c. prevede l'applicazione meramente re-siduale delle disposizioni sulla s.p.a. e sulla s.r.l. In particolare la norma prevede che le disposizioni sulla s.p.a. o sulla s.r.l. si applicano solo laddove non siano applicabili le norme proprie delle cooperative e solo in quanto compatibili con le disposizioni sulla cooperativa stessa. Ciò significa che lo schema normativo principale è comune a tutte le società cooperative, che si possono differenziare solo in relazione al modello organizzativo sussidiario.
La sussidiarietà dello schema organizzativo s.p.a. o s.r.l. rispetto al modello comune costituito dalla normativa propria di tutte le società cooperative produce, come corollario, che il cambiamento del suddetto modello non comporta una modifica sotto il profilo causale e tipologi-co.
Pertanto, difformemente da quanto accade per le società lucrative, dove il modello organizzativo assume rilevanza tipologica, nelle coope-rative il tipo è dato esclusivamente dallo scopo mutualistico e le norme della s.p.a. e della s.r.l. sono solo un mezzo per il miglior raggiungimen-to dello scopo.
Consegue che il passaggio dalla cooperativa che ha scelto lo schema organizzativo della s.p.a. a quella che ha scelto lo schema organizzativo s.r.l., e viceversa, non costituisce ipotesi di trasformazione in senso tec-nico ma mera modificazione statutaria.
Consegue ancora che, in tali ipotesi, non sarà applicabile la discipli-na generale sulla trasformazione delle società di capitali, ma solo quella prevista per le modifiche statutarie, con esclusione del diritto di recesso al socio non consenziente.